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Diffamazione a mezzo social network

Aggiornamento: 22 lug 2022

La vittima di attacchi diffamatori a mezzo social networks e siti internet può agire

in sede civile allo scopo di ottenere il dovuto risarcimento dei danni subiti




La diffamazione è un reato previsto dall’art. 595 c.p.:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione” ed “è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032,00

I requisiti della diffamazione sono l’offesa dell’altrui reputazione e la comunicazione con più persone.


La pubblicazione di contenuti attraverso i social network rappresenta senza dubbio una forma di “comunicazione con più persone” e, pertanto, corrisponde perfettamente alla fattispecie delineata dall’art. 595, III comma, c.p.:

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicita, ovvero in atto pubblico la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.”

A riguardo, la Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 13979/2021 ha chiarito che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca Facebook integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3, c.p., sotto il profilo dell'offesa arrecata "con qualsiasi altro mezzo di pubblicità" diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone.

La Corte Suprema, poi, con la sentenza n. 2598/2021 ha precisato: “integra del reato di diffamazione l'assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell'offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali.

Nella maggior parte dei casi le persone vittime della diffamazione sporgono formale querela entro il termine di tre mesi dai fatti di reato per poi attendere la prosecuzione del procedimento penale per potersi costituire parte civile e chiedere il risarcimento dei danni.

Una diffamazione su facebook o altri social ha una valenza anche civilistica, costituendo tale comportamento un fatto illecito lesivo di un diritto della personalità.

Pertanto, la vittima di attacchi diffamatori può agire anche soltanto in sede civile allo scopo di ottenere il dovuto risarcimento dei danni

Dalla diffamazione, intesa come lesione della reputazione deriva un diritto al risarcimento del danno patrimoniale ex art. 2043 c.c. e del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., e ciò senza la prova dell’esistenza del danno se viene provato il fatto lesivo.


La prova della diffamazione può essere data per presunzioni posto che,

una volta dimostrata la lesione della reputazione personale il danno è in “re ipsa”, in quanto è costituito dalla diminuzione o privazione di un valore, benchè non patrimoniale, della persona umana

come è stato precisato dalla Suprema Corte con la sentenza n., 16543/2012.

Infine, si evidenzia che il legislatore ha incluso la diffamazione nell'elenco delle materie di cui all'art. 5 del D.Lgs. 28/2010, che impone la mediazione come condizione di procedibilità dell'azione giudiziale.




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